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FELLINI IN SCENA

luglio 2020

FELLINI IN SCENA

In occasione del centenario della nascita di Federico Fellini, Archivio Franco PinnaCastello VolanteArchivio Cinema del realeBig SurOfficinaVisioni, dedicano al grande regista scomparso nel 1993, universalmente riconosciuto come uno dei massimi artisti del '900, una straordinaria mostra fotografica. Curata da Claudio Domini e Paolo Pisanelli, “Fellini in scena!” propone oltre cento immagini, di cui molte inedite, di Franco Pinna riguardanti i film diretti dal regista e i vivaci backstage, dove prendevano vita sogni e visioni cinematografiche.


L'Archivio Franco Pinna di Roma è infatti detentore di materiali in gran parte inediti o ancora poco noti, capaci di mostrare Fellini in tutto il suo straordinario istrionismo secondo aspetti altrove difficilmente riscontrabili con altrettanta evidenza e varietà, ora nel pieno della concentrazione e della tensione del momento in cui opera e plasma, ora divertito e divertente nel dirigere da capitano di ciurma, come talvolta definiva le sue troupe al lavoro e il variopinto entourage entro cui si muovevano, avventure di set movimentate e appassionanti come racconti a sé stanti.

 

La mostra ospita fotografie a colori e in bianco e nero, in vari formati anche inconsueti, come il panoramico. Alcune di esse sono già da tempo affermate come autentiche icone del cinema felliniano (il ballo della Masina in "Giulietta degli spiriti", il Mastorna sotto la neve in "Fellini. A Director's Notebook", il regista che si trucca da clown, il Rex di "Amarcord", ad esempio). L'esposizione accoglie le migliori stampe mai eseguite prima sul corpus felliniano di Pinna, restaurate digitalmente e realizzate direttamente dall’Archivio espressamente per questa occasione.

«Tutti i film di Federico Fellini sono viaggi al confine della linea che attraversa i sogni e la realtà, sono seduzioni e avventure di vita dentro e fuori da set caotici che Franco Pinna riusciva  sempre a fissare in scatti fotografici necessari e sorprendenti», sottolineano i curatori Claudio Domini e Paolo Pisanelli. «L’amicizia e la complicità che legava Franco e Federico si ritrovano in questa mostra fotografica che comprende le foto di scena dei film e gli scatti rubati o messi in scena fuori dal set dove l’esuberanza di Federico dilagava e veniva accolta dalla presenza calma e tranquilla di Franco che governava le forme di tutto quello che inquadrava. Nel gioco delle inquadrature il film diventa fotografia e la fotografia sembra già divenire immagine in movimento».

 

L’allestimento realizzato tra le terrazze e la Tabaccaia del Castello De’ Monti è a cura di Big Sur Lab, Maurizio Buttazzo in collaborazione con Parisi Luminarie e Mariano Light. Durante la serata e nei giorni successivi si potrà degustare il rosé Calafuria, della cantina Tormaresca, vino ufficiale della mostra.

 

Franco Pinna, fotografo felliniano. 

«Occasionalmente è entrato nel teatrino della De Laurentis, dove facevamo il primo provino di Giulietta (Masina) per il personaggio di Gelsomina ne “La strada”. Lentamente, emerso come dall'ombra, mi ha chiesto se poteva fare qualche fotografia. Gliel'ho permesso e sono state fatte, queste fotografie, le prime del personaggio di Gelsomina; e questo fotografo che mi ha chiesto con così buona grazia il permesso era Franco Pinna …». 

 

Così Federico Fellini ricordava il suo primo incontro con Franco Pinna (La Maddalena 1925 - Roma 1978), figura fra le più rappresentative della fotografia italiana nel secondo Novecento. Non sono stati certo pochi i fotografi che hanno seguito Fellini. Sarebbe difficile, però, negare a Pinna il diritto di essere ritenuto il fotografo per eccellenza dei set felliniani, forse più ancora di quanto non possa essere considerato il suo amico di lunga data e antesignano dei “paparazzi” Tazio Secchiaroli. Tra il 1964 e il 1977, ossia tra i film “Giulietta degli Spiriti” e “Il Casanova di Federico Fellini”, sono state principalmente le immagini di Pinna a illustrare nella stampa nazionale e internazionale il cinema di Fellini, senza limitarsi a riprodurlo in parallelo alla cinepresa, ma testimoniando l'atmosfera e il senso vissuto dell’artigianalità che la sua laboriosa, non di rado rocambolesca preparazione comporta. «Il mio film me lo rivedevo restituito», ha detto in proposito Fellini. «Ivi compresi i momenti dell’attualità, dalle sue riprese: cioè anche l’attualità che non volevano riproporre le mie inquadrature». Servendosi al meglio dei metodi operativi che aveva  perfezionato nel corso delle campagne antropologiche praticate negli anni Cinquanta, giunti a sviluppare una formidabile discrezione nel seguire azioni anche convulse e drammatiche con cui il fotografo si peritava di non interferire minimamente, Pinna riesce in sostanza a proporre un altro sguardo al multiforme universo felliniano, complice di quello del suo creatore, ma sufficientemente autonomo da esso per cogliere qualcosa di diverso e di nuovo rispetto a quanto il solo film sarebbe in grado di comunicarci. 

 

Quando incontrò per la prima volta Fellini, Pinna aveva appena iniziato la sua attività fotografica. Era stato qualche tempo prima in Lucania, nella prima delle spedizioni scientifiche, una nel 1952, l’altra nel 1956, che compì da quelle parti al seguito del maggiore antropologo italiano del Novecento, Ernesto de Martino. Pinna e De Martino collaborarono anche nel 1959, quando registrarono in Salento i riti ancora superstiti del tarantismo. Non solo il Sud più arcaico stimolava gli interessi e l’impegno di Pinna in senso sociale. Nel 1956, dietro un altro antropologo, Franco Cagnetta, Pinna aveva documentato le condizioni delle più degradate borgate di Roma, faccia nascosta di una città inebriata dagli entusiasmi per il crescente benessere economico. Due fotolibri (La Sila, 1959, e Sardegna, una civiltà di pietra, 1961) segnano la conclusione della stagione etnografica di Pinna. Per quel tempo Pinna era diventato fotoreporter di punta de “L’Espresso”, compito che alterna alle già stabilite collaborazioni con riviste quali “Vie Nuove”, “Noi Donne”, “Il Mondo”. Dal 1963 Pinna è fotografo ufficiale anche di “Panorama”. 

 

I set, i film 

Dopo La strada, Pinna non frequentò i set di Fellini per qualche tempo. Nel novembre 1956, a riprese de “Le notti di Cabiria” appena concluse, Pinna realizza un servizio a casa di Fellini in cui il regista, fra l'altro, si fa ritrarre appoggiandosi a un quadro rappresentante Gelsomina, il personaggio de La strada. Il ritorno effettivo di Pinna al seguito di Fellini si verifica durante le riprese di “Giulietta degli spiriti”, quando accompagna il giornalista Sergio Zavoli in un reportage televisivo della RAI per il quale realizza i materiali fotografici (“Zoom su Fellini”, 1965). I dissapori che si creano fra il regista e il fotografo di scena scelto dalla produzione, il decano Giovan Battista Poletto, fanno da occasione propizia che permette a Pinna e Fellini di stabilire un robusto e stavolta più continuativo sodalizio, facilitato dalla capacità di reciproca intesa. Così, tra il 1967 e il 1976, Pinna segue Fellini durante le lavorazioni di “Toby Dammit”, episodio del film “Histoires extraordinaires (Tre passi nel delirio)”, “Fellini. A Director's Notebook” (Block-notes di un regista), dove appare al lavoro nelle immagini finali, “Fellini Satyricon”, “I clowns”, “Roma”, “Amarcord” e “Il Casanova di Federico Fellini”, pubblicando i servizi relativi in riviste quali “Life”, “Paris Match”, “Stern”, “Quick”, “L’Espresso”, “Panorama”, e in alcuni fotolibri di un certo successo. Nella maggioranza dei casi Pinna ha frequentato i set di Fellini come free lance, libero cioè da incarichi ufficiali: ero sempre io - ricorda Fellini - che dovevo proporlo alla produzione, appartato com’era rispetto agli altri, che non invidiava, non ostacolava. In due circostanze Pinna ebbe Fellini anche come proprio regista fotografico. Accadde una prima volta nel 1972, quando il fotografo venne diretto da Fellini, insieme a Tazio Secchiaroli e Pierluigi Praturlon, in uno speciale natalizio per la rivista francese “Vogue” (“Vogue Fellini”) al quale parteciparono, tra gli altri, Giulietta Masina, Marcello Mastroianni, Claudia Cardinale e Nino Rota. In seguito, Fellini ebbe modo di dirigere Pinna in una delle Film Directors' Erotic Fantasies richieste per un numero di “Playboy/USA” del gennaio 1978. Nel 1977 l’uscita del fotolibro Fellini’s Filme, edito dallo svizzero Daniel Keel, consacra definitivamente Pinna come il principale fra i fotografi che hanno seguito e raccontato il lavoro del regista. Pinna muore improvvisamente nell'aprile 1978. Fellini, che su Pinna stava scrivendo la prefazione al fotolibro Itinerari emiliani, poi non più pubblicato, fu il primo a visitare la salma del fedele “Franchino”, così come lo chiamava.

 
Tra lo scienziato e il sacerdote

«Franco Pinna? Una calma da cow-boy in un film di Sergio Leone. Un quarto d’ora per guardare l’avversario, un quarto d’ora per tirare fuori la pistola. Una lentezza da subacqueo, da astronauta, nel bel mezzo del frastuono della troupe. Ogni tanto, questa presenza lenta mi dava un po’ fastidio. Mi affascinava e mi irritava […]. Stava lì con il sorrisino amaro di quello che sa. Io lo lasciavo fare, finiva per darmi conforto. Anche se il film era cambiato nel frattempo, lui fotografava in quel modo implacabile, magari raggiungendo, quasi per un miracolo della retromarcia, il film successivo. Gli altri paparazzi, di solito, hanno occhi lampeggianti, scippatori. Lui stava tra lo scienziato e il sacerdote. Una lentezza da ierofante […]. A volte gli chiedevo spazientito: “L’hai fatta?” Rispondeva con silenziosi sorrisi. E perciò mi dava sicurezza, perché vedevo che lavorava seriamente, con rispetto verso di me e verso il mio lavoro. Il conforto veniva non solo dal suo impegno, ma anche dal fatto che era simpatico; perché talvolta abbandonava le sue macchine per incantarsi a guardare quello che facevo, quindi mi rivolgeva cenni di consenso. Portava nella lavorazione la nota che faceva pensare al film come a un viaggio. Era l’espressione della rudezza, nella ciurma: rappresentava bene questo aspetto. In esterni – tra la pioggia, il buio, i macchinisti incappucciati sotto il tendone di plastica, il ponte franato – Franco provava una soddisfazione particolare. Parco di parole, appunto come una vera ciurma, mostrava la voglia di vivere quel momento, di raccontarlo e insomma di vivere il viaggio. In altre occasioni, era obbligato a scattare…».

Federico Fellini (1976)

 

Tre specie di fotografi

«Che cosa sia esattamente un “fotografo” in una troupe cinematografica […] non sono in molti a saperlo. Bisogna chiarire, anzitutto, che intorno a un film in lavorazione ruotano tre specie di fotografi. La prima è quella dei fotografi delle agenzie e dei quotidiani, dei settimanali e delle riviste. L'ufficio-stampa del film li invita generalmente in occasione delle riprese di certe sequenze che esso pensa siano più importanti, comunque più apprezzabili dal punto di vista giornalistico […]. Poi c’è il “fotografo d'attualità”, scelto dal regista e dalla produzione con l'incarico di fissare gli avvenimenti attorno al film, prima e durante la lavorazione. A volte si tratta di un free-lance, relativamente libero anche nell'organizzazione della produzione del proprio lavoro; a volte, invece, di un professionista contattato e contrattato dalla produzione all'inizio dell'impresa […]. C'è, infine, il “fotografo di scena”, cioè colui che per conto della produzione ha il compito di documentare tutte, o quasi, le inquadrature del film, cogliendole con l'obiettivo o subito prima del momento della ripresa, o subito dopo. Franco Pinna, forse il fotografo più delicato e discreto che io abbia incontrato nella mia carriera, scattava quasi sempre le sue foto un po' prima del ciak, sapendo bene quanto m'innervosisse prolungare anche solo di pochi minuti la scena dopo che avevo dato lo stop. Serio, metodico, molto silenzioso, Pinna faceva un eccellente lavoro. Le foto da lui eseguite sui miei set erano e rimangono fra le migliori, proprio perché nascevano da quella sua gravità e coscienziosità che, insieme con la sua stessa lentezza di movimenti, costituivano la prova di un'autentica concentrazione […]. Con Pinna, io ero sicuro che avrei avuto la documentazione più corretta e fedele di quanto stavo facendo, […] testimone fedele e personale insieme di quello che é l'ambiente di un set, la realtà del cinema nel suo farsi». 

Federico Fellini (1988)


Il progetto Castello Volante - vincitore del bando per l'adeguamento degli attrattori turistici all'accoglienza di attività di spettacolo dal vivo della Regione Puglia - è gestito dal 2017 da Multiservice Eco, Big Sur e Coolclub in collaborazione con il Comune di Corigliano d'Otranto. Ogni giorno (10/13 - 16/20 - informazioni e prenotazioni visite al 3883620751) l'infoPoint offre un catalogo di esperienze culturali, visite guidate esperienziali, bike tour dentro e intorno le mura del Castello e all’interno del suo bookshop una selezione di produzioni editoriali, artigianali e di design made in Puglia. Nel corso dell'estate, rispettando tutte le disposizioni e le misure di contenimento del contagio da Coronavirus, non mancheranno rassegne e festival che nelle ultime stagioni hanno caratterizzato e reso
 celebre il Castello Volante. In programma la musica di Sei Festival e Sei Young, le proiezioni e i percorsi espositivi de La Festa di Cinema del reale e di Visioni del Sud, gli incontri e i dibattiti di Io non l'ho interrotta, tutte produzioni originali delle realtà che animano il progetto culturale del Castello Volante. Non mancheranno, inoltre, altri appuntamenti con arte, danza, cibo, letteratura, nuovi mestieri e artigianato. Il Castello Volante è, infatti, un grande cantiere delle arti in cui nascono opere ed eventi che scaturiscono dall’incontro in un processo di ibridazione e "scambi creativi". Il castello e il suo borgo diventano così luoghi da abitare, storie da scoprire e da svelare, corpi architettonici e simbolici con cui stabilire una relazione sentimentale e di scambio, a cui restituire un segno del proprio passaggio.

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